Secondo il portavoce delle forze armate iraniane, il colonnello Turki al-Malki, l'attacco compiuto sabato 14 settembre 2019 sarebbe stato guidati da armi di origine iraniana, secondo i primi risultati dell'indagine attualmente in corso. Precisa inoltre che gli attacchi non sono stati compiuti dallo Yemen, come sostengono i ribelli Houthi, senza però precisarne l'origine. Sembra inoltre che la tesi di un attacco con droni venga sempre più messa in discussione, a favore di un attacco con missili cruise, più coerente con i danni provocati.
Le autorità saudite sembrano voler prendere tutte le precauzioni necessarie per identificare il colpevole di questi attacchi che hanno privato il Paese della metà delle sue capacità di esportazione di petrolio greggio e causato un aumento di quasi il 10% del prezzo del barile di greggio. sui mercati globali questo lunedì. Secondo il principe ereditario Mohammed Bin-Salman, infatti, il Regno è pronto a compiere attacchi di ritorsione contro il mandante dell’attentato, ben sapendo che tutto porta a Teheran.
Un attacco di ritorsione contro l’Iran, guidato dall’Arabia Saudita, scatenerebbe probabilmente una conflagrazione diffusa nella regione, con conseguenze significative sul mercato petrolifero globale, oltre il 25% del quale passa attraverso lo Stretto di Hormuz. Da quel momento in poi Riyadh intende assicurarsi il sostegno dei suoi principali alleati come Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, nonché dei partner europei, cinesi e israeliani.
Pertanto, il presidente Trump ha già dichiarato, come al solito su Twitter, di essere pronto a sostenere militarmente un attacco contro gli aggressori del Regno. Le autorità cinesi hanno espresso grande preoccupazione per le conseguenze di tale azione. Infatti, la precedente crisi energetica su larga scala, conseguenza della guerra Iran-Iraq del 1979-1980, aveva innescato una riduzione del 9% delle forniture globali in un mercato di 60 milioni di barili all’anno, con conseguenze molto significative sulla crescita e sul mercato globale. economia. Un conflitto tra Arabia Saudita e Iran oggi potrebbe minacciare dal 15% al 20% delle forniture mondiali di petrolio in un mercato di 80 milioni di barili all’anno, causando conseguenze non solo per i paesi occidentali, ma anche per i paesi emergenti, in particolare Cina e India, con rischi significativi di instabilità.
Inoltre, un simile conflitto condannerebbe senza dubbio gli sforzi europei volti a preservare ciò che resta degli accordi di Vienna, che, se venissero definitivamente abbandonati, potrebbero portare alla Israele effettuerà raid contro gli impianti nucleari iraniani, con probabile contagio dal conflitto in Iraq, Siria e Libano.
I prossimi giorni si riveleranno quindi cruciali per il futuro del Medio Oriente, che diventa ogni giorno più oscuro.