Quando, nella primavera del 2023, i contorni della futura legge francese sulla programmazione militare, per il periodo 2024-2030, sono stati resi pubblici, la grande maggioranza degli osservatori specializzati ha ritenuto, a ragione, che si trattasse di un disegno di legge ambizioso, in grado di rispondere alle sfide del futuro.
Pertanto, nel campo degli investimenti industriali nel settore della difesa, il budget annuale aumenterebbe gradualmente da 8 miliardi di euro all’anno, per la ricerca e lo sviluppo, nonché per l’acquisizione di programmi ad effetto maggiore, a 12 miliardi di euro all’anno successivamente, con l’obiettivo di arrivare, alla fine della legge, a 18-20 miliardi di euro l’anno. Da allora il contesto circostante queste aree si è evoluto notevolmente, in un periodo di tempo particolarmente breve.
Tra l’aumento delle tensioni con la Russia, le minacce di Donald Trump alla protezione americana dell’Europa e i recenti annunci di aumenti dei budget per la difesa da parte dei maggiori paesi industriali europei, che sembravano mancare appena 12 mesi, come ambizione esemplare, ora rischia di diventare un handicap, se non una minaccia, per l’industria della difesa francese e per tutti gli elementi che ne derivano.
È quindi rilevante interrogarsi sull’opportunità, sulle conseguenze, nonché sulla sostenibilità, di un ulteriore aumento dei crediti dedicati all’industria della difesa in Francia, sia sulla scena internazionale, europea e nazionale.
sommario
Il LPM 2024-2030 è già obsoleto di fronte ai cambiamenti dei contesti di sicurezza, industriali e tecnologici?
Sebbene ciò non sia certamente piacevole, soprattutto per quanto riguarda un LPM con ambizioni del tutto sproporzionate rispetto a quelle che lo hanno preceduto finora, le autorità francesi devono oggi interrogarsi sulla sua attualità o, al contrario, sulla sua eventuale obsolescenza, visti i cambiamenti in contesti di sicurezza, industriali e tecnologici osservati negli ultimi dodici mesi.
I postulati del LPM 2024-2030 nel corso della sua progettazione
In effetti, quando fu sviluppato, gli eserciti russi sembravano molto indeboliti. La maggior parte degli esperti stima, quindi, che ci vorranno molti anni prima che Mosca riformi una forza militare che potrebbe eventualmente sconfiggere l’Ucraina e rappresentare, ancora una volta, una potenziale minaccia convenzionale per l’Europa.
Allo stesso tempo, le principali nazioni europee industriali nel settore della difesa, Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna e perfino Svezia, non avevano annunciato alcuna riforma, né alcuna intenzione di riformare in questo settore. La programmazione militare europea è rimasta, infatti, vicina a quella di due anni prima, a parte alcune iniziative di acquisizione di emergenza, come la Zeitenwende tedesca.
Infine, il numero di nuovi importanti programmi di attrezzature per la difesa è rimasto relativamente stabile rispetto agli anni precedenti. È vero che per rispondere all’emergenza, le cancellerie europee avevano largamente favorito l’acquisizione di attrezzature importate, soprattutto da Stati Uniti, Corea del Sud e Israele, piuttosto che impegnarsi in sviluppi puliti.
Lo sconvolgimento del contesto sicurezza, industriale e tecnologico, dal luglio 2023
Comprendiamo quindi il sentimento di soddisfazione che ha circondato la pubblicazione, e poi il voto, della LPM 2024-2030, che appariva, in quel momento, particolarmente ambiziosa in Europa. Da allora, tuttavia, la maggior parte di queste ipotesi sono andate in frantumi. Pertanto, la Russia è oggi in una posizione forte in Ucraina e avvisi ignorati all’inizio del 2023, riguardante la ripresa dell’industria della difesa nel Paese, si sono in gran parte realizzati.
Anche le grandi nazioni industriali europee hanno evoluto i loro paradigmi. La Gran Bretagna si è quindi impegnata a realizzare uno sforzo di difesa del 2,5%, superiore del 20% a quello della Francia nel 2030. Da allora, Londra ha moltiplicato gli annunci riguardanti nuovi sviluppi di attrezzature di difesa, anche, talvolta, in contraddizione con i programmi multinazionali in cui la il paese è comunque impegnato.
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C’è ancora spazio politico. Tutti i firmatari politici (e non militari) del LPM hanno riconosciuto durante il voto che si trattava di un minimo e non di un massimo. I dibattiti hanno messo in luce molto chiaramente i dubbi di senatori e deputati. Non credo affatto che la situazione sia bloccata. E la prospettiva di tensioni e battaglie a venire elettrizza l’elettorato. Nessuno vuole essere colto di sorpresa.