sommario
Da diversi anni gli europei non risparmiano sforzi per cercare di dar vita a un’industria europea della difesa razionalizzata, con l’obiettivo finale di aumentare l’autonomia strategica del vecchio continente.
È così che sono state lanciate diverse iniziative, in particolare a livello dell'Unione europea come la Cooperazione strutturata permanente o PESCO e il Fondo europeo per la difesa, volti a fornire un quadro di cooperazione e l'accesso ai crediti per i programmi di difesa, sia industriali che operativi. , portato avanti dai paesi europei.
Altre iniziative, come il programma di aerei da combattimento SCAF, il carro armato da combattimento MGCS di nuova generazione, il drone da combattimento RPAS Eurodrone o le fregate FREMM, sono state lanciate attraverso accordi nazionali, talvolta nel quadro dell’OCCAR (Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti).
Un rapporto finale
Va detto che l’osservazione fatta dalle autorità europee qualche anno fa era intrigante. Così, se gli Stati Uniti hanno schierato, nel 2019, 2.779 aerei da combattimento appartenenti a 11 modelli diversi, tutti prodotti sul suolo americano, i membri dell'Unione, dal canto loro, ne hanno schierati solo 1.700, ma 19 modelli diversi, più della metà dei quali furono importati.
Questa situazione non riguarda solo gli aerei da combattimento, essendo rigorosamente identici nel campo dei veicoli corazzati, dei sistemi antiaerei, delle navi da combattimento o anche degli elicotteri, anche se in molte di queste categorie la quota di equipaggiamenti europei risulta essere superiore.
Di fronte a tali cifre, sembrava ovvio che fosse necessario razionalizzare non solo i programmi di equipaggiamento degli eserciti europei, in modo da migliorare l’interoperabilità, ma anche ridurre i costi e migliorare la manutenibilità e la scalabilità delle flotte, ed evitare così di inventare la stessa ruota diverse volte.
Ad esempio, oggi quattro produttori europei (TKMS, Kockums, Navantia e Naval Group) progettano sottomarini a propulsione convenzionale o AIP, mentre sei grandi studi di progettazione navale (i quattro sopra citati oltre a Damen e Fincantieri) progettano fregate, cacciatorpediniere e combattenti di grande superficie.
La replica della spesa in ricerca e sviluppo è ovvia e potrebbe infatti essere risparmiata a vantaggio di maggiori attrezzature per gli eserciti e di minori spese per i governi, spesso esposti ad ampi deficit pubblici.
Il desiderio di razionalizzare l’industria europea della difesa
Infatti, come era prevedibile, le istituzioni europee, così come i leader dei paesi più propensi a sostenere questa lettura della situazione come la Francia o la Germania, si sono impegnate a “correggere la situazione”, varando programmi congiunti, nel quadro della politica europea di istituzioni o a livello multilaterale.
Qualche anno dopo, è chiaro che il percorso intrapreso si è rivelato ovviamente molto più caotico del previsto, mentre molti programmi franco-tedeschi, come MAWS, CIFS e Tigre III, hanno conosciuto un destino disastroso, che lo SCAF e I programmi MGCS non sono privi di tensioni e difficoltà, e che i programmi europei spesso fanno lo stesso, soprattutto quando si riferiscono alle capacità di dimensionamento, come nel contesto della difesa antimissile.
Tuttavia, le recenti dichiarazioni al di là dell’Atlantico potrebbero far luce sulle conseguenze di questa strategia europea, simile a quella applicata negli Stati Uniti tre decenni fa.
Gli effetti perversi del nuovo panorama industriale della difesa americana
Infatti, qualche giorno fa, l'ex capo negoziatore dei programmi sugli armamenti del Pentagono ed ex vicepresidente del colosso Raytheon, ha formulato un'osservazione severa sull'evoluzione della base industriale e tecnologica degli Stati Uniti che, secondo lui, è all’origine delle difficoltà incontrate dal Pentagono nel modernizzare le proprie forze e nel far fronte alla sfida posta da Pechino e Mosca.
Oggi, infatti, le maggiori società di difesa americane, e in particolare la Top 5 composta da Lockheed-Martin, Boeing, Raytheon, Northrop-Grumman e General Dynamics, hanno raggiunto un tale potere economico, sociale e politico che è impossibile per il Il Pentagono dovrà controllare l'aumento dei costi delle attrezzature, a causa della mancanza di concorrenza.
Ad esempio, il missile terra-aria a cortissimo raggio Lo Stinger costava 25.000 dollari all'inizio degli anni '90, rispetto ai 400 dollari di oggii, ossia 7 volte più caro se si tiene conto dell’inflazione e degli sviluppi tecnologici.
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