Per la maggioranza degli occidentali in Europa, Asia e Nord America, l’industria della difesa occidentale rappresenta una risorsa considerevole nelle mani dei militari e dei leader. Questa percezione si è formata alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, in particolare con la dimostrazione di forza rappresentata dalla Guerra del Golfo.
Gli eserciti americano, europeo e mediorientale, tutti equipaggiati con equipaggiamenti statunitensi o europei, avevano infatti surclassato in modo molto netto la 4a armata mondiale, come venne allora presentata, che era equipaggiata principalmente con sistemi sovietici avanzati come il Mig -25 e Mig-29, sistemi antiaerei SA-6, SA-8 e SA-5, nonché carri armati T72 e veicoli da combattimento di fanteria BMP1 e 2.
Con il crollo dell’Unione Sovietica e la difficile ripresa russa, questo senso di superiorità tecnologica ha mantenuto il suo status assoluto fino alla metà degli anni 2010, quando la Russia da un lato, la Cina dall’altro, hanno iniziato a mettere in discussione le proprie fondamenta con nuove attrezzature come il I caccia J-10, J-16, J-20 o Su-35, i carri armati T-14 e Type 99A, oppure le fregate Type 054A e Admiral Gorshkov nonché i sottomarini marinai Iassen o Type 039C/G.
Tuttavia, nonostante alcuni severi avvertimenti, come nel campo delle armi ipersoniche, la superiorità tecnologica e industriale dell’Occidente nel campo degli armamenti non è stata messa in discussione fino a pochi mesi fa, quando la Russia ha iniziato la sua aggressione contro l’Ucraina.
All’improvviso, tutti i paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, sono diventati consapevoli dei limiti delle proprie industrie della difesa, e soprattutto del modo in cui si sono evolute e adattate ai vincoli di bilancio e all’incostanza dei programmi di difesa negli ultimi 30 anni.
Oggi, infatti, negli Stati Uniti come in Europa, sono stati fatti, o richiesti sforzi significativi, all'industria della difesa, affinché quest'ultima possa riorganizzarsi, e ritrovare le dinamiche e i ritmi che le erano propri negli anni '70 e '80.
Ciò lo vediamo particolarmente chiaramente nella nuova “Economia di guerra” sviluppata nella Legge francese sulla programmazione 2024-2030 appena resa pubblica, ma anche nel superprogramma tedesco Zeitenwende, o nel nuovo bilancio 2024 attualmente in corso. Washington.
Al di là degli aspetti puramente di bilancio e programmatici, possiamo identificare tre principali aree di sviluppo prese di mira dai pianificatori occidentali per la loro industria della difesa. Il primo di questi aspetti si basa sull’aumento o sull’accelerazione dei tassi di produzione, nonché sulla messa in sicurezza di tali capacità produttive, in modo da garantirne il funzionamento indipendentemente dagli sviluppi nel contesto internazionale.
La seconda parte richiede un’evoluzione più profonda della strategia industriale attualmente applicata, in modo da produrre attrezzature meno vincolate, ma anche da adattare la dottrina industriale alle nuove tese relazioni internazionali.
Il terzo e ultimo imperativo chiede ai produttori di riscoprire la dinamica dell’innovazione che caratterizzava gli anni ’70 e ’80, al di là dei semplici programmi statali. In questo articolo studieremo ciascuno di questi aspetti in termini di prospettive, vincoli e applicabilità.
Aumentare e rafforzare la produzione industriale della difesa
Pochi giorni fa, durante una tavola rotonda nell’ambito della conferenza Sea Air Space della Navy League, il tenente generale Michael Schmidt, responsabile del programma F-35 per il Pentagono, ha delineato un quadro preoccupante per quanto riguarda la vulnerabilità della catena di produzione del dispositivo, negli Stati Uniti come altrove.
Infatti, per soddisfare le esigenze di costo e in particolare i prezzi di vendita imposti dalle autorità statunitensi, i produttori del programma hanno progettato una catena di produzione eccessivamente dinamica e just-in-time, in modo da ridurre il più possibile i costi e i vincoli di inventario . .
Inoltre, per soddisfare la natura internazionale del programma Joint Strike Fighter, la produzione industriale dei componenti è stata distribuita in numerosi siti e paesi. La concomitanza di questi due fattori ha creato una capacità produttiva eccessivamente vulnerabile, soprattutto in caso di nuovi conflitti ad alta intensità.
La catena è, infatti, molto esposta a interruzioni critiche dell’approvvigionamento, ma anche incapace di aumentare rapidamente, se necessario, i tassi di produzione per compensare possibili logoramenti significativi.
L’esempio dell’F-35 è emblematico degli sviluppi che i produttori di difesa hanno dovuto realizzare negli ultimi 30 anni, per rispondere alle crescenti ambizioni tecnologiche, in un contesto di bilancio molto limitato.
In quest’area, le industrie della difesa non sono più esposte della stragrande maggioranza delle altre attività industriali, che sono anch’esse vulnerabili a fattori esogeni, come abbiamo visto durante la crisi Covid e attraverso la carenza di componenti elettronici.
Purtroppo non è da meno, anche se questo settore ha proprio il dovere di sostenere gli eserciti in situazioni di crisi. In questo contesto, è quindi essenziale, fin da ora, consentire alle capacità produttive di evolvere e aumentare secondo necessità, e di farlo in modo strutturale, quindi pianificato e anticipato.
Abbiamo potuto vedere l'espressione di questa esigenza in particolare nell'aumento dei ritmi di produzione dei sistemi di artiglieria CAESAR della società francese Nexter, che in pochi mesi sono passati da 2 sistemi al mese agli attuali 6 sistemi, con l'obiettivo di raggiungere, se necessario, , da 8 a 10 sistemi al mese.
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