Secondo le simulazioni del CSIS, in caso di conflitto Cina-Taiwan, l'Esercito popolare di liberazione non può sperare in un successo militare nel 2026, nemmeno in caso di blocco di Taiwan.
Mentre l’attenzione dei leader e dei militari europei si concentra ormai logicamente sulla Russia e sulle conseguenze dirette e indotte del conflitto in Ucraina, gli strateghi americani sono impegnati soprattutto ad anticipare l’evoluzione dello stallo politico e potenzialmente militare tra Washington e Pechino in il Pacifico e l'Oceano Indiano.
Il principale oggetto di attrito tra le due superpotenze mondiali non è altro che l'isola di Taiwan, autonoma dal 1949 dopo che le forze nazionaliste di Chiang Kai-shek, sconfitte dalle forze comuniste di Mao Zedong, abbandonarono il continente per insediarsi l'isola un governo autonomo.
Se negli anni '90 e 2000 la cooperazione tra Taipei e Pechino è stata uno dei pilastri della rivoluzione economica cinese, a beneficio dei due protagonisti, la Repubblica Popolare Cinese non ha mai abbandonato le proprie ambizioni di riunificazione, facendo diventare quella dei pilastri dei negoziati con gli Stati Uniti all’inizio degli anni ’70 per contrastare il potere sovietico.
Le tensioni sull'argomento sono aumentate notevolmente con l'avvento al potere del presidente Xi Jinping, che fin dal suo primo mandato ha fatto del recupero di Taiwan per farne una provincia della Repubblica popolare cinese, un obiettivo strategico, anche se necessario , per questo, passare attraverso un intervento armato.
Allo stesso tempo, le forze armate cinesi, sostenute da un’industria molto dinamica e da una pianificazione notevole, hanno conosciuto un progresso sorprendente, in particolare con la costruzione a marcia forzata di una flotta d’alto mare di prim’ordine, e di un’aeronautica altrettanto efficiente e dimensionato.
Tanto che i più alti ufficiali del Pentagono responsabili di questo teatro hanno apertamente avvertito del rischio di conflitto a breve termine intorno a Taiwan, avendo gli Stati Uniti assicurato la sua protezione in caso di aggressione militare cinese.
È in questo contesto che il think tank americano Center for Strategic and International Studies (CSIS) ha condotto una serie di simulazioni valutare quali potrebbero essere le conseguenze di un attacco militare anfibio e aereo da parte delle forze dell'Esercito popolare di liberazione contro Taiwan nel 2026, nonché quelle di un intervento americano e giapponese per venire in aiuto del loro alleato.
La data del 2026 non è insignificante, dal momento che l’ammiraglio Phil Davidson, allora comandante delle forze americane nel Pacifico, aveva dichiarato nel 2021 cheun intervento militare cinese contro Taiwan potrebbe aver luogo prima del 2027, anno ripreso, poiché, dalla Marina degli Stati Uniti et l’aeronautica americana come data cruciale per un potenziale cambio di forza nel Pacifico.
Inoltre, nel 3 terminerà anche il 2027° mandato del presidente Xi Jinping, quando quest'ultimo fece modificare la costituzione cinese per consentirgli di candidarsi per un nuovo mandato oltre i due previsti.
Senza stupire affatto, queste simulazioni realizzate dal CSIS permettono tuttavia di comprendere meglio la posta in gioco e le dinamiche di questo teatro.
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