Nessuno ha dimenticato il clamoroso annuncio fatto dal primo ministro australiano Scott Morrison, insieme al suo omologo britannico Boris Johnson e al presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel settembre 2021, che ha posto fine al programma sottomarino franco-australiano Shortfin Barracuda a beneficio di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare realizzato nel quadro di una nuova alleanza che riunisce i 3 paesi e designata con l'acronimo AUKUS. È vero che il programma sottomarino oceanico australiano Shortfin Barracuda a propulsione convenzionale era sotto accusa da diversi anni, in particolare a causa di una dotazione di bilancio complessiva di 90 miliardi di dollari australiani presentata al pubblico come gigantesca. precisare che il budget iniziale di 50 miliardi di dollari presentato pubblicamente all’inizio del programma si applicava solo a 8 sottomarini, rispetto ai 12 effettivamente ordinati, e non teneva conto dell’inflazione su un programma durato quasi 20 anni.
Ora sembra che le stesse falle siano all'opera per quanto riguarda il nuovo programma destinato a sostituire i sottomarini francesi con 8 sottomarini a propulsione nucleare di progettazione americana o britannica. In effetti, col passare del tempo e con l’emergere di studi indipendenti, sembra che sia così questo percorso scelto dal primo ministro conservatore Scott Morrison nasconde molte insidie, a volte addirittura identici a quelli che suonarono la campana a morto del programma franco-australiano. E mentre le domande e le preoccupazioni si accumulano, le prime risposte che appaiono sembrano dipingere un quadro molto preoccupante per l’Australia, la sua economia e la sua flotta.
La prima trappola su cui potrebbero schiantarsi le ambizioni australiane non è altro che il prezzo esorbitante del programma stesso. Secondo l’Australian Strategic Coverage Institute, il costo complessivo del programma per 8 sottomarini ammonterebbe, nella migliore delle ipotesi, a 70 miliardi di dollari. Ma questa somma non tiene conto dell’inflazione, ed è addirittura considerata molto improbabile dagli stessi autori del rapporto, che stimano che alla fine potrebbe raggiungere i 171 miliardi di dollari, inflazione inclusa, ovvero il doppio del programma franco-australiano tanto criticato dal governo australiano. scena pubblica. Questo investimento rappresenterebbe quindi l’equivalente dell’8,5% del PIL del paese, nonché 4 anni interi del budget dedicato alla Difesa australiana. Rispetto alla popolazione, ciò rappresenta uno sforzo di quasi 7000 dollari australiani per abitante per l'intera durata del programma.
Inoltre, la compensazione industriale applicata a questo programma appare sempre più ipotetica, mentre emergono le difficoltà relative alla creazione di un'industria in grado di assemblare tali sottomarini in un paese che non ha alcuna esperienza in questo campo, così come nessuna struttura civile. industria nucleare. Perché al di là dei costi e delle difficoltà legate alla creazione di un’industria del genere, c’è anche il problema del tempo necessario per realizzarla, sapendo che una simile ambizione richiederebbe profondi sviluppi in termini di formazione professionale, e anche accademica. Per Melbourne, infatti, si tratterebbe di mettere in campo l’equivalente di un programma nucleare civile, di cui è anche capace lavorare con carburante arricchito di grado militare, anche se il paese ha escluso di dotarsi di una centrale nucleare civile, creando un paradosso economico e sociale al riguardo.
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