Le prestazioni delle aziende di difesa cinesi sollevano interrogativi sul budget militare di Pechino

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Come ogni anno, il sito DefenseNews pubblica il classifica delle 100 più importanti industrie della difesa nel mondo. Il dossier di quest'anno mostra, senza troppe sorprese, una classifica relativamente stabile, con una netta predominanza delle aziende americane del settore che si collocano all'ottavo posto nei primi 8 posti, tra cui i più grandi player, Lockheed-Martin, Raytheon, Boeing, Northrop-Grumman e General Electric restano ben al vertice della classifica, nei primi 20 posti, con un fatturato totale cumulato che supera i 5 miliardi di dollari. Al di là delle variazioni, entrate e uscite dalla graduatoria, inerenti in particolare agli effetti della crisi Covid-200, e ai cambiamenti nella fatturazione da un anno all'altro, leggendola emerge un caso molto particolare, ovvero gli importi cumulati dei ricavi esibiti dalle aziende cinesi che, in molti punti, mettono in dubbio la sincerità del bilancio cinese della Difesa pubblicato sulla scena internazionale.

In effetti, la Cina ora classifica 7 aziende in questa classifica, tutte tra il 6° e il 19° posto, per un fatturato totale dichiarato nel settore della difesa di oltre 95 miliardi di dollari, per un budget per la difesa annunciato di 175 miliardi di dollari nel 2021. Tuttavia, a differenza degli Stati Uniti o Paesi europei, Pechino ha ancora oggi un’impronta di esportazione relativamente piccola nel campo delle armi, pari a circa il 5,2% del commercio mondiale in questo settore, peraltro ampiamente compensata dalle sue stesse importazioni, nell’ordine del 4,7% del commercio mondiale secondo i dati. l'ultimo barometro SIPRI. Il che farebbe pensare che più del 55% del budget cinese per la Difesa sarebbe destinato solo alle 7 aziende di questa classifica, dove un paese come la Francia, che esporta l’8% del mercato mondiale, importa solo meno dello 0,5%, e che presenta un fatturato cumulativo delle sue grandi aziende pari a 16 miliardi di dollari, investirebbe solo 12 miliardi di dollari per un bilancio militare di oltre 42 miliardi di dollari (escluse le pensioni). Questi valori non permettono di dubitare della sincerità dei dati trasmessi da Pechino, anche se su questo argomento le domande sono ovviamente legittime. Tuttavia, questo ci invita a riconsiderare l’importanza di confrontare semplicemente i bilanci della difesa dei paesi per valutare la loro potenza militare, e quindi la loro possibile pericolosità sulla scena internazionale.

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I droni rappresentano uno dei settori di eccellenza dell’industria della difesa cinese, che in questo settore esporta più degli Stati Uniti.

Quindi, secondo queste cifre, Pechino manterrebbe una potenza militare di quasi 2 milioni di uomini, oltre a più di 7000 carri armati, 6000 veicoli corazzati, quasi 2500 aerei da combattimento e 450 navi in ​​un budget di soli 80 miliardi di dollari, dove La Francia, con 30 miliardi di dollari, fatica a mantenere 200.000 uomini, 200 carri armati, 2500 veicoli blindati, 350 aerei e 100 edifici. In altre parole, da un punto di vista di bilancio, il bilancio della Cina deve essere almeno moltiplicato per 2,5 per essere coerente e confrontato con il bilancio di un paese occidentale, come la Francia, ma ancor più nei confronti degli Stati Uniti. , oltre il 20% del bilancio del Pentagono è destinato esclusivamente al finanziamento di operazioni esterne e forze pianificate, che riguardano ben poco le forze cinesi. Si noti che questo coefficiente supera del 25% il semplice confronto della parità di potere d’acquisto tra Cina e Stati Uniti.

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Si capisce, quindi, come con un budget così basso preso in valore assoluto, peraltro in crescita rapida e costante da diversi decenni, Pechino sia riuscita, in così breve tempo, ad dotarsi di una difesa militare e industriale tale da significativo, al punto da minare, nelle simulazioni, l’onnipotenza degli Stati Uniti, soprattutto in scenari come la difesa di Taiwan. Soprattutto, con una crescita annua del bilancio pari a circa il 6% e un coefficiente moltiplicatore considerato pari al 250%, il bilancio della difesa cinese avrà superato quello degli Stati Uniti in soli 8 anni, in altre parole, un tempo molto lungo. la programmazione militare, soprattutto perché gli eserciti cinesi sono lungi dall’essere così esposti, militarmente ma anche finanziariamente, al di fuori dei propri confini, come possono esserlo oggi gli eserciti statunitensi.

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La portaelicotteri d'assalto Type 075 è uno dei simboli dell'efficienza della moderna industria della difesa navale cinese

Se la concorrenza sino-americana e il teatro del Pacifico sono, letteralmente parlando, in contrasto con le preoccupazioni europee, questi dati devono tuttavia metterle in discussione al massimo grado. Essi infatti indicano che entro dieci anni al massimo gli Stati Uniti saranno costretti a concentrare quasi tutto il loro sforzo di difesa esclusivamente sulla concorrenza con la Cina, altrimenti Pechino potrebbe rapidamente acquisire un vantaggio strategico decisivo nel Pacifico occidentale, ma anche in l’Oceano Indiano, privando gli Stati Uniti e l’Occidente di linee di comunicazione, scambio e commercio potenzialmente essenziali, e minacciando anche gli alleati strategici di Washington, come Taipei, Tokyo, Seul o Nuova Delhi. Da quel momento in poi, gli europei dovranno assumersi tutte le loro responsabilità e assumersi la propria protezione in modo molto più attivo per alleviare gli Stati Uniti da questo peso, ma anche per contenere, se necessario, gli eccessi di alcuni attori turbolenti nel loro paese. ambiente diretto, come la Russia, la Turchia o anche l’Iran, senza dover contare sul sostegno degli Stati Uniti, al di là della deterrenza nucleare.

In queste condizioni, gli obiettivi esposti al vertice NATO di Cardiff, con uno sforzo di difesa del 2% come riferimento per i membri dell’Alleanza Atlantica, appaiono poco adatti alle sfide future, e appare ormai essenziale, soprattutto per i paesi quadro come Gran Bretagna e Francia, ad aumentare insieme in modo significativo i propri investimenti ma anche la struttura dei propri strumenti di difesa al fine di garantire lo status quo di sicurezza e la tutela degli stessi interessi europei. Vedremo, nel corso della prossima campagna presidenziale francese, se le questioni legate alla difesa assumeranno una dimensione determinante o se, come nell'attuale campagna legislativa tedesca, resteranno secondarie agli occhi dei candidati e del loro partito politico.

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