L’Occidente si sta rendendo conto della sua vulnerabilità militare?

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Durante la sua audizione davanti alla Commissione di Difesa dell'Assemblea Nazionale, il generale Facon, comandante della dottrina e del centro di comando dell'Esercito, ha sottolineato la necessaria consapevolezza per gli eserciti francesi e alleati, come per i politici che li controllano, ritorno della probabilità di un impegno massiccio tra stati tecnologici, chiamato impegno ad alta intensità. Egli ha accompagnato la sua manifestazione con esempi riguardanti gli scontri in Siria, Iraq e soprattutto nel Donbass, dove da quattro anni le forze ucraine si confrontano con le forze secessioniste dotate di uomini e mezzi dalle autorità russe.

Per chi segue regolarmente le pubblicazioni di questo sito, la dichiarazione dell'ufficiale generale francese non sarà una sorpresa. Infatti, da diversi anni, paesi come Russia e Cina hanno evoluto in modo significativo le loro forze armate e le loro dottrine per poter ottenere un vantaggio sulle forze occidentali in caso di conflitto armato. Questo sforzo è caratterizzato dal rafforzamento degli eserciti convenzionali, dalla modernizzazione degli equipaggiamenti, dall’aumento delle esercitazioni e delle manovre di addestramento, e dallo sviluppo di nuove tecnologie e sistemi d’arma destinati ad ottenere un vantaggio decisivo sull’avversario, in questo caso le forze americane e i loro alleati. Tra queste tecnologie possiamo citare le tecnologie di negazione dell'accesso, come il sistema S400 e la futura contraerea S500, e il sistema bastione antinave, armi ipersoniche come il missile Kinjhal e Zircon, o armi aria-aria a lungo raggio missili come l'R37M. Allo stesso tempo, le forze convenzionali vengono rafforzate in modo da stabilire un equilibrio di potere positivo, in termini di forze corazzate per la Russia e forze navali per la Cina. Infine, i due paesi hanno concentrato i loro sforzi sul rafforzamento delle forze deterrenti nucleari, con nuovi missili balistici e alianti ipersonici per il rientro atmosferico. 

Allo stesso tempo, i paesi occidentali restavano concentrati sui loro interventi nel Levante e nell’Africa sub-sahariana, e gli eserciti erano ancora di fronte all’inerzia dei “benefici della pace” che avevano il solo merito di disorganizzare una parte significativa delle capacità di difesa dei paesi europei.

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In Francia, il Libro Bianco sulla Difesa del 2013, ma anche la Revisione Strategica del 2017, e perfino la LPM 2018-2025 sono mutuate da questi paradigmi ignorando, o volendo ignorare, la realtà degli sviluppi geostrategici globali. Totalmente ignorato dal Libro Bianco, che resta tuttavia il documento quadro per l'organizzazione della Difesa nazionale, il rischio "alta intensità" è affrontato al minimo dalla Revisione strategica, e la LPM concentra l'aumento delle risorse della Difesa da ricapitalizzare francese forze di proiezione, forze di combattimento pesanti, come carri armati, artiglieria corazzata semovente, elicotteri da combattimento o aviazione da bombardamento, affrontate come minimo dagli investimenti nazionali.

Il caso francese, purtroppo, non è isolato in Europa. La maggior parte degli europei occidentali non ha la percezione dell’aumento del rischio di conflitti e, di fatto, lo stesso vale per i loro rappresentanti politici. In Belgio, una parte significativa della classe politica mette in dubbio la necessità di sostituire gli F16 dell'aviazione belga, considerando i costi per l'acquisizione di un nuovo aereo troppo alti, viste le esigenze sociali del Paese. In Germania la SPD, alleata della CDU di Angela Merkel, si è opposta fermamente ad un massiccio aumento dei fondi per la difesa per un esercito che tuttavia ne ha un disperato bisogno e che è molto più richiesto di quanto vorremmo ammettere. Il nuovo governo populista italiano ha già annunciato che ridurrà i finanziamenti per la difesa all’1,3% del PIL del Paese, lontano dall’obiettivo del 2% imposto dalla NATO nel 2025.

Non sorprende quindi che in prima linea siano i Paesi dell’Est Europa, i più esposti a rischio ad alta intensità, come i Paesi del Pacifico (Giappone, Corea del Sud, Australia), sia quelli che stanno incrementando le proprie difese. sforzi e coloro che maggiormente cercano di avvicinarsi alla protezione americana, percepita come l’unica alternativa credibile.

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Ma anche negli Stati Uniti la consapevolezza è recente e la constatazione è amara. Dopo 30 anni di spese sconsiderate per oscuri programmi tecnologici, anche le forze americane sono in gran parte sottocapacità e molto esposte al rischio di combattimenti ad alta intensità. Che si tratti dello scarso rendimento della sua artiglieria e della sua difesa antiaerea ravvicinata per l'esercito, della scarsa disponibilità di velivoli dell'aeronautica e della marina, o della straordinaria dimenticanza della sostituzione delle fregate antisommergibili OH Perry, le capacità militari degli Stati Uniti sono lontane al di sotto del livello minimo richiesto per poter affrontare un grave conflitto su due fronti. In un recente rapporto, anche la Marina americana ha ammesso che dubita di poter fornire un ponte logisticoin Europa in caso di necessità. In tempo per la protezione degli Stati Uniti...

Oggi, infatti, è l’Occidente nel suo insieme a prendere coscienza della sua attuale vulnerabilità di fronte a questo rischio di conflitto. Quel che è peggio, nonostante ciò, le azioni correttive intraprese non consentono di prevedere un ritorno all’equilibrio delle forze prima del 2040, con un picco di vulnerabilità tra il 2030 e il 2035. Questo è il motivo per cui, come ha fatto il generale Facon, e il generale Lecointre prima di lui, o come fa il generale Mattis negli Stati Uniti, è urgente ed essenziale creare una scossa elettrica tra le autorità politiche per fare il punto sui rischi incorsi e avviare rapidamente un piano d’azione volto a moderarne gli effetti.

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